Immaginate il manoscritto di un esploratore portoghese del diciottesimo secolo, il resoconto di un’avventura nella foresta pluviale che si conclude con la scoperta di un misterioso tempio, simile alle Ziqqurat mesopotamiche.
Immaginate che un gerarca nazista scopra l’esistenza delle rovine e intraprenda la sua personale caccia per impossessarsi di un segreto vecchio quindicimila anni. Immaginate, infine, che un giornalista venga incaricato da un anziano professore di organizzare una missione di salvataggio per recuperare il figlio archeologo, scomparso nella giungla brasiliana mentre era alla ricerca dello stesso millenario segreto.
Ecco, immaginate questo e avrete l’inizio de “La mappa della città morta”, il primo romanzo che vede protagonista Charles Fort, il copywriter del mistero.
Il seme del libro è affiorato dalla lettura dei resoconti di spedizioni realmente avvenute, come il “Manoscritto 512” di Francisco Raposo, un bandeirante portoghese del diciottesimo secolo. L’intera epopea delle grandi esplorazioni geografiche e gli enigmi che esse hanno contribuito a risolvere – o a rendere ancora più oscuri – hanno creato uno sfondo emotivo che mi ha accompagnato durante le stesure, alimentando quell’atmosfera spasmodica che domina larghi tratti della storia.
Due figure in particolare, che sarebbe fin troppo facile definire romanzesche se non fossero davvero esistite, hanno influenzato i personaggi principali del libro: l’esploratore britannico Percy Fawcett, le cui imprese mi hanno aiutato a immaginare lo scheletro della vicenda, e il ricercatore del paranormale Charles Hoy Fort, morto a New York nel 1932 . È a quest’ultimo che il protagonista del romanzo ruba il suo nom de plume.
Scrivere il libro è stata un’avventura nell’avventura, un inoltrarsi continuo nelle meraviglie dell’ecosistema amazzonico, ma anche nella vita e nelle tragedie delle popolazioni precolombiane dell’America del sud. La storia mi ha sospinto fra tribù semi-sconosciute, abitanti di un mondo primordiale dove il giaguaro è insidia a cui sfuggire e insieme dio da invocare, e il maggior pericolo non deriva dalla natura ostile ma da chi ne minaccia l’esistenza.
Man mano che le vicende progredivano mi sono ritrovato nelle regioni estreme dell’Antartide e poi nelle acque del mar del Giappone, a contemplare le misteriose formazioni di Yonaguni, che insidiano la nostra convinzione di rappresentare quanto di più evoluto sia apparso nel pianeta.
Altrettanto avventuroso è stato l’approdo del libro al mondo editoriale. A gennaio 2015 l’ho proposto ai lettori tramite il programma KDP di Amazon, con pseudonimo e diverso titolo. In tre mesi è stato scaricato poco meno di quattromila volte, ricevendo molte e lusinghiere recensioni. Infine è stato opzionato dalla Newton Compton Editori, che ne ha prodotto un’edizione tutta nuova in e-book e cartaceo.
Dal 25 febbraio “La mappa della città morta” è disponibile nelle librerie e negli store online, pronto a riprendere il cammino e condurre i lettori negli stessi mondi in cui io, scrivendo il romanzo, ho compiuto la mia avventura.
Amo le storie e i protagonisti che difendono ciò che hanno di più prezioso. Sono stanziale più che posso, ma grazie alla scrittura mi sposto sulle latitudini dell’immaginazione. La mappa della città morta è il mio primo romanzo per Newton Compton Editori.
3 commenti su “La prima avventura di Charles Fort”
GióSays 25 Febbraio 2016 at 19:43
Sei un grande Stefano!!!
Sono lusingato di scrivere il primo post sul tuo nuovo Blog e, che dirti…
Hai dimostrato che se crediamo fortemente in un sogno e lo si inquadra come proprio obbiettivo, non c’è nulla che ci possa fermare.
La perseveranza e la passione per quello che fai ci permette di godere e di sognare ad occhi aperti dei tuoi scritti
Non ho ancora letto il tuo libro mi accingo a comperarlo e sono sicuro che sarà un altro successo di Santarsiere!!!
Stefano SantarsiereSays 26 Febbraio 2016 at 8:19
Grazie ragazzi. Che curiosa coincidenza: i primi due commenti da due persone così simili, nelle pur diverse passioni. Giò e Antonio. Acqua e terra, ma stessa energia.
Antonio IannibelliSays 25 Febbraio 2016 at 21:32
“Il maggior pericolo non deriva dalla natura ostile ma da chi ne minaccia l’esistenza”.
Caro amico questa tua citazione mi colpisce al cuore, foreste, giungla, giaguaro sono le parole che mi fanno desiderare di leggere al più presto il tuo capolavoro. In bocca al lupo .
ulupu