Mi chiamo Charles Fort e sono il direttore della Voce dei dannati, rivista online che si occupa di misteri, stranezze e paranormale.

Quelle che leggerete sono alcune delle note che ho raccolto durante la mia avventura nelle terre selvagge del Mato Grosso brasiliano. Dopo aver pubblicato il reportage sulla Voce, volevo rendere più autentico il racconto giornalistico condividendo le prime pagine del diario che tenevo in quel periodo.

Spero che vi incuriosiscano e vi spingano ad approfondire la storia…

Buona lettura,


9.00 – Laurenzi, Bologna

Non so perché ci sono andato o perché sono rimasto ad ascoltare. L’insuccesso della Voce mi sta influenzando troppo? Il prof è un vecchio sulla sedia a rotelle. È ancora sveglio però. Vorrebbe che ritrovassi suo figlio, Angelo Laurenzi, scomparso da due anni mentre cercava la città perduta degli Oltolechi nella foresta amazzonica…
Non sentivo il nome di questo popolo dal 1999, quando ho scritto l’articolo per Mondi Perduti. Dopo Eva, a Bologna sono stato bene, almeno per qualcuno nella mia situazione, ma le parole del professore mi hanno ricordato come era prima.
Le propongo di andarsi a cercare di persona i misteri che ama collezionare ha detto.
Ha ragione? Non posso fare a meno di viaggi e avventure? Ho la sindrome di Indiana Jones per caso?
Angelino: un prodigio, a sentire lui. Però intanto si è perso. E rischiare la vita per salvare un archeologo sprovveduto non mi entusiasma, ma il mistero degli Oltolechi è troppo affascinante. E poi c’è il diario di Santana, sembra autentico. E quell’oggetto straordinario… trapezoedro cosmico l’ha chiamato Laurenzi. Se andassi nel Mato Grosso potrei vedere coi miei occhi le tracce degli Oltolechi, scoprire se sono mai esistiti…

Ventisette ore di viaggio e sono ancora intero. Anzi, sto meglio di quanto pensassi.
Il Mato Grosso è diverso da quello che mi aspettavo, molto più vivo, e questa vitalità è contagiosa. Sono uscito e non ho nemmeno controllato il cellulare, come al mio solito. Per le strade ho visto persone di ogni provenienza: bianchi dai tratti nord-europei, neri, mulatti e alcuni che somigliano a nativi americani.
Il tizio alla reception mi ha consigliato un posto per provare zuppa di piranha. Ci ho anche fatto un pensiero, ma boh, non mi andava. Si vede che con l’età sto perdendo coraggio.
Ho preferito mangiare carne e sono finito in un ristorante che aveva palme finte all’ingresso e alligatori imbalsamati in mezzo ai tavoli. Per non parlare delle cameriere vestite come uccelli tropicali. Fosse stato a Bologna mi sarei messo a ridere, ma qua… vabbè, non si può dire che non fosse caratteristico. Dovevo farci una foto.

Oggi era meno afoso di ieri, e il cielo più luminoso. Gli uffici di Gens Makinwa sono in Rua Francelino Josè da Silva. È una zona tranquilla – in centro – con case di mattoni e un sacco di giardini. Sembrava ci fossero centinaia di pennuti, tutti a cinguettare.
Ci sono andato per incontrare Anita, ma mi è andata male, e al suo posto ho trovato un tipo basso coi baffetti, un certo Luiz Perreira, e un algerino grande e grosso, Isaac Zevìri. Non erano troppo contenti di vedermi. Mi sa che hanno qualche problema coi forestieri. Comunque alla fine ci siamo capiti e si sono offerti di accompagnarmi da lei.
È stata una giornata talmente fortunata che andando da Cuiabá a Indipendencia siamo stati inseguiti da una Chevrolet della EMMG, una società mineraria che vuole le terre assegnate ai makinwa. La sigla l’avevo vista anche al ristorante di ieri. Quindi gli uomini che avevo notato al tavolo e poi fuori… che siano gli stessi che ci hanno inseguito? E perché? Seguono me? E come hanno fatto a sapere che sono arrivato?

Incontro con Anita Salvarani, villaggio Santa Cruz

Il villaggio è nascosto dietro a un’altura coperta di vegetazione, così chi arriva da ovest non lo vede. Da ovest, cioè dal mondo dei bianchi. Le case sono d’argilla, a gruppi di tre o quattro, con grandi tetti coperti di paglia.
Mi hanno spiegato che sono state costruite rispettando i criteri indigeni: un piano solo, verande che girano tutto intorno e poi  strade fiancheggiate da alberi locali, pernambuchi, e piazzette con panchine di legno. Perreira, l’agronomo, dice che Anita lo ha voluto per accogliere i makinwa che restano senza alloggio per via degli incendi. Qui possono trovare protezione e imparare a leggere e scrivere.

Alla fine sono riuscito a incontrare Anita Salvarani. Che non sapeva che stavo arrivando, come invece aveva assicurato il vecchio. Che era l’amante di Angelo. E che non è stata esattamente felice di vedermi e di ricordare l’uomo che ha perso. Grandioso.

Il diario è un falso. Ho fatto più di 9.500 chilometri per un falso. Ho cercato di non pensarci, anche se la tentazione di tornare a casa è stata fortissima. Il manoscritto, però, potrebbe essere stato fatto da Angelo, per darci un indizio, una pista da seguire per ritrovarlo, dato che alcune parti non corrispondono all’originale.
Due brani parlavano dei kalapalo, la tribù che i makinwa chiamano “il popolo degli alberi”, così Anita ha proposto di andare da Natal, un cacciatore-sciamano della tribù.
Mi sono trovato davanti un vecchio, una specie di divinità pagana appollaiata su uno scranno ricoperto da un fitto piumaggio e circondato da cortecce con disegni all’interno.
Aveva addosso pantaloni con le tasche, enormi per le sue gambe, un gilet di pelle di serpente sopra una maglia che sembrava fatta di fibre vegetali, e in testa una fascia di stoffa e penne di uccello. Intorno aveva tre donne che gli preparavano il cibo, gli accendevano la pipa, pulivano la stanza, senza mai dire una parola.
Si ricordava bene il popolo degli alberi. Ci ha dato parecchie informazioni utili, ma ha anche insistito per unirsi alla spedizione. Probabilmente lo sciamano è davvero l’unico che ci possa aiutare a trovare il popolo degli alberi, l’unico indizio che abbiamo per ritrovare l’archeologo, ma a vederlo così non sembrerebbe capace di uscire dal villaggio… ce la farà a sostenere un viaggio nella giungla?

Ci stiamo preparando per la spedizione e cominceremo dalla Serra do Roncador, dove si sono perse le tracce di Angelo. I compagni sono improbabili. Non so esattamente cosa aspettarmi. La giungla ci inghiottirà come gli altri?

Charles Fort è partito da Bologna ed è arrivato fino in Brasile per salvare un archeologo scomparso. Riuscirà a farcela e ritrovare la città degli Oltolechi? Se vuoi sapere come finisce questa avventura, leggi La mappa della città morta.

Non so se ti piacerà, ma ti prometto che non sarà noioso.